lunedì 1 giugno 2020

Daniela Gioè


Esperienza a Pemba di Daniela Gioé
"L'esperienza a Pemba è stata unica e indelebile nella mente e nel cuore. Risale a luglio del 2003 ed è durata 2 mesi.
Siamo nel 2020 e per ripensare a quel viaggio avvenuto nel 2003 devo andare in un angolo del mio cuore che custodisco gelosamente.
Dopo due voli e una breve sosta nella capitale, sono arrivata in questo piccolo e bellissimo angolo di mondo. Ad accogliermi dei volontari che collaboravano con Laura con cui avrei poi condiviso questa incredibile avventura,e con alcuni di loro anche "la casa dei volontari". Questa casa è stato più che un rifugio, un punto di riferimento, si rientrava e ci si raccontava la giornata con gli altri ragazzi, condividendo cene, emozioni ed esperienze.
La sensazione che ho avuto dopo qualche giorno è stata quella di dovermi spogliare al più presto di tutte le convinzioni insite nella mentalità occidentale.
Tutti i miei sensi sono stati toccati: il gusto per i sapori nuovi, l'udito per il canto del gallo al mattino presto, il tatto prendendo in braccio tanti bimbi, l'odore di carbone sul fuoco, la vista di un mondo completamente nuovo e sconosciuto.
Laura che era in Italia al mio arrivo, aveva indicato di farmi fare un giro presso i vari centri che gestiva. Io tra tutti ho deciso di rimanere con i bimbi piccoli, orfani o con parenti che non riuscivano a badare a loro. Ad accudirli c'erano delle donne che lavoravano con Laura e io davo una mano. Aiutavo a fare loro il bagnetto, a mangiare. Me li coccolavo.
Sono stata anche con le ragazze-madri e con loro passavo un po' di tempo, facevamo teatro e cantavamo.
Una volta alla settimana andavo anche a Chuiba, piccolo angolo di Paradiso, a fare le stesse attività con ragazze che vivevano in un lontano villaggio.
Diverse volte mi sono sentita impotente, inutile. Avrei voluto fare molto di più, forse avrei voluto erroneamente occidentalizzare quella parte di mondo, senza soffermarmi sull'equilibrio che comunque quella società aveva.
Ho visitato anche il centro con bambini affetti da idrocefalo. Lì non sono riuscita a fermarmi, era troppo per me.
Ho visitato l'ospedale, anzi ci sono finita anche come paziente perchè ho preso la malaria. Il mio nome e la diagnosi era stata scritta su un pezzo di carta del pane che ancora conservo. Ho avuto paura.
Ho pianto tanto, ho condiviso il senso di impotenza, una parte di me non credeva che il mondo cosiddetto civilizzato non riuscisse a fare qualcosa di più.
Non finirò mai di ammirare l'incredibile lavoro svolto da Laura, il suo coraggio e la sua forza.
E' un'esperienza che mi sento di consigliare a tutti, per conoscere un'altra cultura, dare concretamente una mano a chi ne ha bisogno e per tornare in profondo contatto con sé stessi.
Con profondo affetto,
Dany"

Annalisa Piccolrovazzi - Esperienza a Pemba


Esperienza a Pemba
di Annalisa Piccolrovazzi

Nel raccontare la mia esperienza a Pemba mi appaiono davanti agli occhi tante immagini, tante emozioni e soprattutto una grande SAUDADE.
Parliamo ormai di tanti anni fa, era il 2002, quando in occasione di un viaggio per andare a trovare una mia carissima amica, sono capitata a Pemba. Ma come credo io, nulla è per caso. Quei tre giorni a Pemba sono stati l’inizio di lunghe e fantastiche avventure in Mozambico.
Laura stava per aprire la Casa Azul, dedicata ai bambini disabili, e io lavoravo in quel campo. E secondo voi è solo una coincidenza? No..
Tornata a casa, sentivo il richiamo forte di quei bambini, sentivo già il cuore diviso a metà. Non è stata una scelta facile. Il chiedere aspettativa al lavoro, la famiglia (per mia mamma era un capriccio), le paure di quello che poteva succedere.
Ma sono partita per quella che è stata, per sei mesi, una gran splendida avventura. Non è stato sempre facile anzi, ma quella terra e soprattutto quelle persone mi hanno rubato il cuore. Quanto sono importanti i legami... sono tutto nella vita!
Non è facile spiegare cosa ho provato, quanto ho amato, quanta rabbia ho provato. Quanto è stato difficile vivere perché tante volte; non c’era tutto quello a cui ero abituata ma gli sguardi di quei bambini mi ripagavano di tutto. Ho visto morti, dolori ma sempre con gran dignità. E’ stato difficile tornare a casa, molto difficile riambientarsi. Ogni anno aspettavo le ferie per poter ritornare. E questo è stato fino a quando non mi è stato più possibile andare, forse perché la paura me lo impediva. Ad oggi so che il mio cuore è rimasto lí e che un giorno ci tornerò. Laura dice che molto è cambiato da allora, ma io ancora sento l’odore di quella terra che mi inonda l’anima e il ricordo di quei volti che rimarranno nel mio cuore.
Pemba rimarrà sempre nel mio cuore per scaldarmelo con i suoi colori, con i volti e quello che ho vissuto.
Non voglio aggiungere altro, troppo sarebbe da scrivere e con i sentimenti di anni passati. Vi lascio con una lettera che ho scritto ai miei amici mentre ero a Pemba. Dalle quello scrivere spero di trasmettervi cosa è stata per me questa esperienza che spero di ripetere al più presto.

“Ciao a tutti,
sono appena tornata a casa dal “lugar” dove lavoro e mi trovo davanti a questo computer con la voglia di scrivere cosa ho provato oggi!! Sono sola, Daniela, una volontaria che è venuta qui per un mese e che per me è stata molto preziosa perché con lei sono entrata subito in sintonia, nonostante la diversità, deve ancora arrivare a casa. Penso a quello che ho sentito oggi e che ancora adesso mi "tormenta". Sento un senso di rabbia, di impotenza, di ingiustizia, un miscuglio di sentimenti contrastanti che però augurerei a tutti di provare per sentirsi vivi, pronti, attenti!!... Mi trovo a Casa Azul (si chiama cosi il centro dove lavoro), un posto meraviglioso dal punto vista naturalisco: 4 casettine con tetto in paglia circondate da baobab grandiosi … Al tramonto é uno dei luoghi più belli di Pemba e la notte, la luna e le stelle sembrano cosi vicine che sembra di poterle toccare con un dito ... Dio non poteva fare però il Paradiso sulla terra ... Arrivo in sella alla moto di Aba vestita come una di loro, con la “capulana” (io che odio le gonne)… É lunedì… Vedo i miei bambini così belli nonostante la loro bruttezza fisica, così desiderosi di affetto di amore … Una sola di loro riesce a parlare … Me li coccolo … Ci gioco … Guardo le loro testone grandi, così pesanti e i loro corpi piccoli, indifesi… Vedo il loro amore e la loro voglia di vivere, nonostante tutto … Africa… Europa … Oggi è una bella giornata di lavoro, la riunione di sabato è servita (almeno sembra) e vedo qualcosa di diverso nelle donne. Arriva Valquiria (la volontaria psicologa brasiliana che è venuta  qui con la sua famiglia per due anni per lavorare e riscoprire le sue radici aricane), pranziamo, come al solito “chima” con “matapa” (cioè polenta bianca e un miscuglio di verdure che a me piace tanto). Parliamo un po’, peccato la lingua non ci permetta di fare grandi discorsi… Oggi mi permetto anche un caffè italiano, piccoli sapori di casa … Arriva una donna con una bambina sulla schiena, ha appuntamento con Valquiria per vedere se possiamo accogliere la figlia. Sono invitata alla riunione. Lontanamente può assomigliare ad una riunione del mio lavoro, siamo sotto il nostro gazebo di paglia, questa donna è triste e la figlia rappresenta la madre nella sua tristezza. Guardo la bimba, non sembra idrocefala come gli altri ma ha qualcosa di particolare. La madre incomincia a raccontare la sua storia con voce bassa e lo sguardo rivolto a terra; rimango meravigliata: questa bambina ha il certificato di nascita, il mondo sa che esiste! Guardiamo le "cartelle cliniche": deficienza fisica, sindrome di down… Ci guardiamo stupite he a Pemba che dicano questa cosa! Guardiamo la bambina, ci facciamo mostrare alcune parti del corpo e scopriamo che non è sicuramente Down, è una bimba nana. La madre racconta … Vuole lasciare la bimba da noi tutto il giorno perché non ha una casa sua, non ha da mangiare, non ha soldi, è sola e ha un’altra figlia; il papà di queste bambine l’ha abbandonata quando lei era ancora incinta. Vive in una casa che era della zia, a Pemba, ma in breve dovrá lasciarla. Lei viene da lontano ma ha saputo di Laura… Racconta di questa bambina, di come era contenta quando ha saputo che era incinta , la tristezza di apprendere che è una bambina con problemi, l’abbandono da parte di suo marito e molte altre cose di una vita difficile e triste. Alla madre diciamo che questa bimba non ha problemi mentali e che dipende da lei la sua crescita. Ci guarda, dice di sí, ma il suo sguardo rimane triste. Offriamo dei biscotti a questa bimba che non ha ancora due anni e se ne divora 4 in due secondi. Offriamo altri due pacchetti per la bimba, sapendo però che li mangeranno sia la mamma (dovevate vedere i suoi occhi) che la sorella. Ci chiede se abbiamo del latte (in polvere naturalmente) ma non ne abbiamo. Spiega che di notte la bimba piange e lei non ha altro che del succo (sono delle polverine di bassa qualitá). La bimba si chiama Esperança, Valquiria chiede il perché di questo nome così bello ed importante e lei ci guarda di nuovo con tristezza: speranza che il suo uomo tornasse. Valquiria la conforta dicendole: “ Speranza in una vita meravigliosa per questa bimba!” Non vedo nemmeno un piccolo sorriso sul viso di questa bimba nonostante cerchi di giocare con lei. Si alzano e, sempre con tristezza, se ne vanno. Valquiria mi guarda e legge nel mio cuore, mi stringe un braccio e mi chiede cosa sto provando; dico solo “Italia” e mi scendono delle lacrime. Parla lei: impotenza, ingiustizia, rabbia, nullità e non so cosa… Già nascere in Africa è difficile, poi con questi problemi … Vedo quel viso di bimba e di mamma e penso, penso... Ritorniamo dagli altri bambini ma la mia testa rimane su quei sguardi tristi, quanti altri ne vedrò e milioni che non ho visto, sono impotente, ma consapevole di vivere qualcosa di speciale. É ora di andare. Vedo un’ultima scena: Helena, una bimba idrocefala che non vede, non sente, borbotta solo e non cammina, viene lasciata sola con il rischio che cada; la guardo, Valquiria mi guarda, mi chiama e mi dice: “Annalisa non parli bene il Portoghese ma i tuoi occhi e la tua faccia dicono di più!”
Prendiamo un passaggio ed entro nel mio “bairro” di Cariacò (il quartiere dove vivo), tutti i bimbi del vicinato mi corrono incontro e mi salutano: “ mana Annalisa! Mana Annalisa! Salama!” (“Salama”é il loro saluto). Una di loro mi da la sua manina, oggi però non ho voglia di scherzare e giocare, li saluto, entro nella mia casetta, sono sola e sento la voglia di condividere questa esperienza. Penso ai miei amici e scrivo.

giovedì 12 dicembre 2019

Neida Vila Lago




Después de tres años y medio trabajando en cooperación inicie un voluntariado con la Fundacion Sementes de Esperanza. Mi trabajo hasta el momento fue en el sector de la agricultura y con campesinos en los distritos del interior de la provincia.
Dada mi experiencia tanto profesional como personal uno de los trabajos a realizar fue crear una huerta en el centro de Alemo y por otro lado, dar apoyo en refuerzo escolar a niños del Lar.
Conocía desde hacía tiempo el trabajo de la Fundación, pero no sabía hasta que punto el trabajo que hacen es imprescindible. Me refiero a todos los proyectos que tienen tanto con personas con Lepra (centro de Alemo) como personas con diversidad funcional (Casa Azul). Donde la prioridad es darle visibilidad a esas personas, a las enfermedades que padecen y sobretodo hacer participes a las familias y a la comunidad.
En el lar fue donde más tiempo pasé y a mi parecer es uno de los proyectos con niños con mayor impacto que vi en Cabo Delgado. Muchos niños aquí andan siempre por la calle, algunos no van a la escuela y otro muchos se dedican a pedir dinero. El Lar es un centro donde los niños después de ir a la escuela se van allí, pasan el día con refuerzo y actividades extraescolares. Acompañados de un equipo de educadores y donde se les transmiten valores, derechos, educación y obligaciones. Sencillamente esta fórmula me encantó porque todos ellos vienen de familias con muy pocos recursos en el que su destino está marcado y pre-escrito. Entrar en el Lar es una oportunidad para cambiar ese destino, para jugar pero no para pedir limosna, para aprender pero sobre todo para tener la inocencia de ser niño y no las responsabilidades de un adulto.
A los niños del Lar los defino como NIÑOS, como inocencia, como juego, como sonrisa, como oportunidad, como esperanza…
Casa Azul y Alemo lo defino como visibilidad, como dignidad, como fuerza, como poderío, como re silencia, como esperanza…
A la Fundación la defino como implicación, como trabajo, como conocimiento, como empatía, como firmeza, como saber hacer, como vida, como esperanza…
A Mana Marta y a Mana Stefania deciros que sin vosotras esto no sería lo mismo. Os defino como respeto y admiración. Así lo transmiten los niños, los beneficiarios de la fundación y así también, lo veo y lo siento yo.
Gracias por darme la oportunidad de conocer vuestro trabajo desde dentro.

                                                                     Oshukuru

Neida Vila Lago: española residente en Pemba voluntaria de Junio a Diciembre 2019




lunedì 18 novembre 2019

Dina Reis

Tem sido uma experiência desafiante trabalhar com crianças tão especiais como as da Casa Azul, não só pelas diferentes necessidades que enfrentam, como também o duro contexto familiar e cultural onde crescem e vivem. É por isso um trabalho moroso, recheado de pequenas imprevisibilidades, que acompanha gerações e que traz verdadeiros benefícios à comunidade. 
Adorei poder fazer parte deste projeto incrível e da oportunidade de acompanhar as valentes Stefania e Marta que batalham diariamente para tornar isto tudo possível.
Só espero que possa servir de exemplo a outros projetos: que se espalhe esta bonita semente de esperança!

ABRAÇO




Dina Reis: Voluntaria portuguesa que reside em Pemba e acompanha o programa de Casa Azul Murrebue desde Agosto de 2018.

giovedì 14 aprile 2016

Missão, Visão e Valores da ALEMO

MISSÃO,  VISÃO  E  VALORES  DA  ALEMO

ALEMO é uma Associação de pessoas atingidas pela Lepra fundada no ano 2000 na cidade de Pemba que actualmente conta com centenas de membros associados em todos os Distritos da Província de Cabo Delgado. A Associação tem como objectivo lutar a favor da cura e do cuidado de toda pessoa atingida pela lepra devolvendo aos doentes a sua dignidade, abrindo novas oportunidades para as suas vidas e favorecendo a integração das pessoas estigmatizadas por esta doença num espírito de solidariedade entre os doentes de lepra e a sociedade em geral.
A  Associação  ALEMO  tem  como

Visão: Uma sociedade em que todas as pessoas atingidas pela lepra tenham acesso ao tratamento, sejam integradas na comunidade, tenham influência nas decisões, sejam capazes de auto-sustentar-se e sejam respeitadas na sociedade.

Missão: Integrar as pessoas atingidas pela lepra acompanhando o processo do tratamento da doença e os cuidados das sequelas, despertando a autoestima e desenvolvendo as potencialidades de cada pessoa para que tenha uma vida autónoma e positiva na comunidade.

Valores: Esperança, Vida, Dignidade, Acolhida e Integração.

   O que significa isso?

*      Por “Visão”, entende-se o ideal, aquilo que desejamos que exista no mundo, a realidade que pretendemos construir.
     
      ALEMO declara que aquilo que pretende construir é um mundo melhor para o doente de lepra. Isso significa sobretudo:

1.  Tatamento da doença
2.  Integração na comunidade
3.  Capacidade de tomar decisões
4.  Capacidade de auto-sustento
5.  Respeito por parte da sociedade

*      Quando se fala de “Missão , entende-se o compromisso que se assume, o caminho a fazer para que esta ralidade ideal se torne real.
         
          ALEMO afirma que se compromete a construir este mundo melhor para os doentes de lepra com algumas acções concretas:

1.  Integrar a pessoa atingida pela lepra na comunidade
2.  Acompanhar o processo do tratamento da lepra e os cuidados das sequelas
3.  Desperar a autoestima do doente
4.  Ajudar a pessoa afectada pela lepra a desenvolver as suas potencialidades para  poder viver em autonomia.

*      Cada organização, Associação, Instituição e Empresa, além de definir a sua Visão e a sua Missão, escolhe também aqueles Valores Humanos que são significativos na sua maneira de trabalhar.
         
          ALEMO pretende promover os seguintes Valores:

1.  Esperança: nenhuma pessoa atingida pela lepra pode viver no desespero, sem a esperança de ser curada e de ter uma vida feliz!
2.  Vida: a pessoa afectada pela lepra tem direito a reconstruir a sua vida e a sentir-se viva!
3.  Dignidade: nenhuma pessoa deve ser desprezada e humilhada por causa da lepra. Todo ser humano  tem a sua dignidade que é única e inviolável!
4.  Acolhida: a pessoa desamparada ou necessitada por causa da lepra tem que encontrar acolhida sincera, ser aceite e respeitada por como ela é.

5.  Integração: ninguém pode ser discriminado por causa da lepra. Todo doente tem que sentir-se integrado na comunidade.



ALEMO DÁ A VIDA!

Experiencia em Muatuca

PROGRAMA DE APOIO ESCOLAR APARF AOS DOENTES DE LEPRA

Sufo, coordenador geral da FSDE, conta a experiência vivida na aldeia de Muatuca, antiga leprosaria no distrito de Namuno – Cabo Delgado, Moçambique

No dia 4 de Abril partia eu, bem cedo de manhã, para o Posto Administrativo de Meloco, mas o meu ponto era chegar á aldeia de Muatuca, e foi o que aconteceu. Porém ás 12 horas, quando cheguei a Katapua, encontrei outro cenário, porque havia falta de viaturas que chegassem a Meloco, devido á chuva. Depois de tanto sentar na estação, a sorte veio quando ás 15:30 horas um senhor com a sua viatura de caixa aberta passou querendo chegar a Namuno. Eu, sem pensar duas vezes subi no carro e com tantos saltos pelas estradas, ás 17 horas cheguei em Muatuca onde encontrei toda a criançada na estação aguardando-me e nem consegui conhecer quem levava a minha pasta para me ajudar, pois os meus dois braços estiveram logo lotados de meninos!
Quando cheguei na casa do senhor Geraldo, animador do núcleo da ALEMO, encontrei outros membros que esperavam a minha chegada para me saudar, inclusive o líder de Muatuca.
Depois de um banho e o jantar, reuni os que estavam presentes para lhes explicar como faria o trabalho. Caiu logo a noite e aí tive que dormir.
No dia seguinte fui saudado pela chuva que retardou o inicio dos trabalhos, mas logo apareceu o sol e por volta das 8 horas me reuni com os membros e no mesmo local estavam presentes o director da escola, o líder comunitário de Muatuca, a responsável das mulheres da ALEMO e mais pessoas que queriam acompanhar o programa. Depois da saudação feita pelo senhor Geraldo aos membros da ALEMO, foi-me dada a oportunidade para falar aos presentes e abrindo a boca, transmiti os cumprimentos da Fundação “Sementes de Esperança” para os membros, que foram recebidas de bom grado. Depois disso comecei a apresentar o programa de apoio escolar explicando quem seriam os beneficiários e quantos, e como os seus pais deveriam envolver-se para ajudar as crianças. Depois me virei para os alunos com o fim de ajudá-los a entender como devem empenhar-se nos estudos, no cuidado do material escolar e sobretudo o compromisso que devem assumir nos estudos para o bem deles.
A seguir, foi a vez das visitas casa em casa, onde a estrutura da aldeia e da escola se disponibilizaram em acompanhar-me nas 23 casas das crianças que estavam na lista por serem filhos de pessoas com lepra e mais 10 crianças que apresentam suspeita da doença com os seus pais.
Ao longo das visitas domiciliárias aproveitei fazer os diagnósticos sociais para poder perceber a situação vivida pelas crianças.
Posso afirmar que no dia 5 de Abril 2016, Muatuca parou para poder ver o que significava tudo aquilo, mas valeu a pena realizar tais visitas e conversar com as famílias, porque há muita coisa que se passa no meio da comunidade e isso leva com que os pais não tenham forças para irem além, devido á doença de lepra que lhes apoquenta e a carência devida ao elevado número de componentes do agregado familiar… Tudo isso leva com que o pai de família consiga apenas sempre os mesmos produtos, e em pouca quantidade, para todos os dias e diferencia-se a alimentação só nos dias festivos. Se formos a olhar depois na questão do vestuário, é um problema muito sério que afecta tanto a criança quanto o adulto. Não só isso, também o sitio para dormirem é um assunto grave. E quando perguntava como é que conseguem suportar tudo isso, alguns até tinham vergonha de falar a verdade, mas o líder comunitário estava no grupo e os ajudava a partilhar os problemas.
O que me deixou encorajado é que os membros da ALEMO mostraram vontade de ajudar os seus filhos a frequentar a escola e comprometeram-se em fazer tudo o que estiver ao seu alcance para a criança estudar.
Depois de terminar este árduo trabalho, foi a vez de reunir as crianças e os seus encarregados para a recepção do material escolar. Aqui foi possível só atribuir a algumas crianças, para outras não foi possível pois havia muita transparência por parte dos encarregados que disseram que não valia a pena estragar o material, pois tais educandos criam grandes problemas aos pais quando são mandados ir á escola. Essas crianças foram colocadas á prova, dizendo-lhes que se frequentarem a escola nos próximos meses, na próxima visita a Muatuca poderão ser contemplados na entrega de material escolar¸ caso não, será dado aos que querem estudar. Essa ideia agradou a todos.
Depois de mais uma vez ter apelado á boa conservação do material por parte das crianças e dos pais, foi dada a palavra ao director da escola que por sua vez perguntou aos alunos qual fosse o local para utilizar esse material e eles afirmaram que é a escola! Então ele disse de novo que quer ver todos a frequentarem e se isso não acontecer, ele próprio fará a “busca e captura”! Adiantou mais dizendo que é bem encorajar as pessoas que por sua livre vontade os apoiam para garantir os bons estudos e aliviam a carga aos pais e, do seu lado, ele passará a controlar a frequência escolar deste grupo. O líder de Muatuca afirmou que não quer que se manche o bom nome que leva aquela aldeia, pois sendo uma antiga leprosaria, nos anos passados a
aldeia foi fustigada de discriminação e isolamento dos doentes de lepra, mas agora tem várias oportunidades para curar as feridas provocadas no passado, por isso saibam valorizar o que recebem materialmente e em conselhos. Ele também assegurou que passará nas casas dos alunos para ver se vão á escola.
Depois de vários conselhos do meu lado, por parte da liderança comunitária e da direcção da escola, concluímos os trabalhos com um almoço e confraternização que envolveu o director, o líder, a representante das mulheres e eu como pessoa que convidava.
Terminado este espaço, fizemos as despedidas com o objectivo de ter boleia, mas isso não aconteceu e depois de outro aviso disseram que só seria possível chegar a Pemba passando pela via de Montepuez e não havia como, tive que arriscar pois quando chove mais de duas vezes seguidas, Meloco fica isolado do resto da Província e com tanta marcha só foi possível chegar a Pemba ás 13 horas do dia seguinte , com tanta tortura pelo caminho.
Fazendo uma análise sobre o programa de apoio escolar em Muatuca, posso dizer que houve uma boa recepção e não só isso, também despertou os membros da ALEMO e alunos sobre o valor da escolarização, pois no mesmo dia 5 de Abril, por causa da aflição de alguns membros que deixavam as suas crianças sem estudarem, houve tentativas de negociar com o director para ver se haveria espaço para matricularem as suas crianças. Bondoso, o director abriu essa oportunidade para os membros da ALEMO e a partir do dia em que iniciamos a trabalhar, em Muatuca já se sente a vontade de escolarizar as crianças, principalmente os filhos dos doentes de lepra que querem estudar, pois nesta zona ainda há meninos portadores da doença de lepra ou com os pais atingidos pela lepra que não têm nenhuma ajuda para estudar.

Sufo Ássimo Carimo – Coordenador Geral da FSDE





lunedì 21 marzo 2016

LEMA TRIENAL

Juntos   promovendo  a  dignidade  da  pessoa
Com  responsabilidade   e   compromisso

Sub-Lema  2016:

“Comprometendo-me  com  o  bem  comum,  transformo  o  mundo”

Tema: Desenvolver o compromisso no bem comum
ü Compromisso com uma solidariedade transformadora
ü Educar com uma visão de esperança
ü Trabalhar para humanizar a vida
ü Espiritualizar o nosso trabalho


DESENVOLVER O COMPROMISSO NO BEM COMUM
     
      A solidariedade não se possui, se irradia! Ela é geradora de dinamismos que por um lado transformam as pessoas e as comunidades e por outro lado a comunicam contagiando outras pessoas da mesma força solidária suscitando nelas o melhor de si. Assim como a luz não pode deixar de iluminar, a solidariedade não pode não se irradiar!
     
      Vivemos num espaço comum, a Terra, que é uma casa habitada por um número cada vez maior de seres humanos. Nesta casa comum devemos aprender a escutar-nos, a não lutar para apagar a luz do outro, mas pelo contrário iluminar-nos em conjunto. Devemos aprender a acender juntos o fogo que aqueça a humanidade e que arda para construirmos juntos espaços verdadeiramente humanos.
     
      A solidariedade tem que irradiar raios que apontem ao mesmo centro: o bem comum. Isso requer que a pessoa solidária saiba correr o risco de deixar as seguranças de um território conhecido, isso é: a sua realidade pessoal, para pôr-se em caminho com os outros em direção ao bem comum, tendo todos uma visão solidária, cada um a partir daquilo que é: a própria cultura, religião, maneira de ser.
     
      Desenvolver um compromisso pessoal a favor do bem comum implica superar os preconceitos, não julgar o outro com orgulho, saber discernir o que é bom, útil, saudável para o bem de todos, doar-se a si mesmo estando atento ás necessidades dos outros.
     




      Para isso é preciso em primeiro lugar tomar consciência de nós mesmos, tal como trabalhamos no primeiro sub-tema

“Cuidando do meu ser, reconheço  quem sou

saber quem e como somos (Autoconhecimento com Verdade), aceitar-nos a nós mesmos (Autoaceitação com Amor), tomar responsabilidade sobre os nossos pontos fracos (Responsabilidade na mudança pessoal) e comprometer-nos a amadurecer consolidando todas as dimensões do nosso ser (Consolidação da própria pessoa).
     
      Só desta maneira é que podemos doar as nossas vidas aos outros, tal como trabalhamos no segundo sub-tema

Cuidando dos outros, reconheço o valor de cada um

e assumir uma responsabilidade mais amplia, em prol da humanidade ou de um grupo alvo em particular, desenvolvendo a nossa capacidade de “Descobrir o valor do outro” e “Despertar a corresponsabilidade”. Poderemos então viver como pessoas solidárias que se dedicam a “Potenciar os recursos dos mais desfavorecidos” e “Criar autonomia e protagonismo nos mais excluídos” com uma visão comum do Bem.

      O “outro” nos salva de nós mesmos na medida em que nos comprometemos com ele/ela. O círculo do egocentrismo se quebra diante da irrupção em nossas vidas das necessidades dos outros. O outro já não será então uma ameaça para o “meu bem”, mas alguém que partilha as minhas mesmas necessidades de bem. Este reconhecimento do outro me permite superar o isolamento da minha pessoa fechada nas suas carências e desejos. A verdadeira felicidade chega só quando cuidamos dos outros.
     
      Chegar a reconhecer que o outro é o nosso próximo -mesmo se vive longe de nós- e que somos responsáveis os uns dos outros, implica um grande progresso na consciência humana. Pressupõe o respeito pela sua existência e põe limite á voracidade do egoísmo, permitindo-nos passar do “reino da necessidade” ao “reino da gratuidade” (dar e dar-se de maneira desinteressada, sem esperar nada em troca). Sem a solidariedade o ser humano não vive a sua dimensão interior, a sua dimensão espiritual.         
     
      Escrevia a poeta chilena Madeleine Roch:


Devemos sentir no coração uma força indomável,
Quando estamos convencidos do bem que fazemos.
Não compreendem o nosso ideal? Que importa!
Chovem as piadas cobardes e infamantes?
Coragem amigos! A luta nunca é demasiado forte,
O sonho nunca é demasiado grande!
                            
      A potência de um ideal é enorme! Nós somos os que temos a responsabilidade da escolha:

*      deixar que exista só como um pensamento elevado mas inoperante?
ou

*      desenvolver a  potência que esse ideal contem, transformando-o em acções concretas que cooperem no mundo para que todo ser humano ferido e empobrecido se levante e se torne por sua vez uma força transformadora no mundo?
     
      Esta é a escolha que determina o nosso compromisso ou não-compromisso para o bem comum!


COMPROMISSO COM UMA SOLIDARIEDADE TRANSFORMADORA
      A acção solidária é um serviço gratuito e desinteressado que nasce de uma tríplice conquista da cidadania:

- exercício da autonomia individual
- participação social
- solidariedade com os mais necessitados.

      Note-se bem que esta definição não fala de “heroicidade” e “altruísmo”, mas fundamenta a acção solidária na consciência e no facto de pôr em prática a cidadania responsável. Ser solidário então, é  a consequência de tomar a serio a condição de cidadão responsável e comprometido com a justiça.

      Podemos sublinhar três características desta “cidadania responsável”:

1.    Descobrir  a  nossa  diversidade

É necessário estarmos abertos a outras realidades sociais diferentes do grupo social ao qual pertencemos. Temos que sair do círculo reduzido dos nossos familiares e amigos, da nossa cidade ou bairro, do nosso nível social e cultural e atravessar as fronteiras sociais que nos dividem e separam. Ao fazê-lo, descobriremos a existência de vidas humanas que precisam e merecem ser consideradas. Não é possível ficar indiferentes diante da dor e da raiva produzidas pela exclusão. Neste contexto, surge a solidariedade que pode e deve ser fermento de uma acção social que não esqueça a justiça, a misericórdia, a generosidade e a gratuidade que só nascem do encontro nas relações humanas.

Isto inclui uma necessária abertura: conhecer e valorizar as maneiras diferentes de vida e deixar-se inquietar pela realidade com que nos deparamos.

O que faz com que o mundo seja dividido e com realidades tão diferentes? A diferença vem da possibilidade que uns e outros têm de aceder aos bens da terra e de utilizá-los e do respeito dos direitos de todo ser humano, independentemente da sua raça, língua, religião e situação social.

O desenvolvimento cria uma corrida para ter mais e ter poder, cultiva o individualismo -que é o oposto da solidariedade- em que cada um defende o que tem. No entanto para irradiar a solidariedade é preciso estar comprometido com a transformação do mundo e da sociedade, é preciso estar presente, atento e saber analisar a realidade sendo solidário num espírito fraterno. É preciso saber optar pelos seres humanos mais vulneráveis e excluídos de maneira universal, isso é pensando em todos. Para poder optar por todos, é preciso partir de baixo. O lugar mais universal é aquele que está mais embaixo, não o mais alto. Quando começarmos a subir, nos isolamos da realidade e aos poucos ficamos sós.

A obsessão por si mesmos cria in-solidariedade: cada um pensa só em si, nos seus direitos, e os outros vão depois. Isto faz com que a maneira de estar no mundo seja com uma atitude de exigência e sem gratuidade nem gratidão.






2.    Redefinir  o  bem  comum

O bem comum é aquilo que consideramos como o maior objectivo da convivência humana, é o ideal ao qual tendemos. Este ideal, porém, é inacessível e alheio a uma grande percentagem de pessoas no mundo.

Ser solidários significa gerar dinâmicas de inclusão que permitam que os excluídos participem do bem comum e desenvolver acções que favoreçam a reabilitação das pessoas, a assistência a coletivos que vivem em precariedade económica, etc. de maneira que seja reconhecida a sua dignidade e sejam incluídos no conjunto da sociedade. A pessoa solidária é capaz de ter a visão da uma sociedade melhor e lutar para que isso se torne realidade.

A cultura actual concede um valor inestimável á liberdade e á tolerância, porém o autêntico amor á liberdade tem que se demonstrar na defesa da liberdade dos outros e a verdadeira tolerância equivale a respeito e consideração. Não se trata apenas de aceitar os outros com as suas diferenças, mas de viver uma solidariedade dinâmica, um movimento espontâneo em direção aos outros para:
- Conhecer melhor os outros e também nós mesmos
- Partilhar com os outros
- Estender aos outros a mão da amizade e da compaixão (que significa “padecer com”, sofrer pelo sofrimento do outro)
- Fazer com que os valores universais que partilhamos se enriqueçam com os valores de outras culturas e outras pessoas.

3.    Promover  a  mudança  social

      A solidariedade ética não se limita a caminhar com os excluídos e empobrecidos, mas se compromete a lutar contra as causas da pobreza e exclusão. Não podemos ficar com os braços cruzados diante de tantos seres humanos sem recursos para poderem viver com autonomia e dignidade! Se nos sentirmos impotentes e tivermos a ideia que não podemos fazer nada, estamos errados. Todos podemos fazer muito, mas temos que começar por cada um de nós.
     
      A solidariedade não é apenas questão de colaborar economicamente ou oferecer o nosso tempo, mas de transformar a nossa própria sensibilidade, deixar-nos perturbar pela realidade dos que sofrem e a partir da nossa situação concreta, assumir um estilo de vida diferente onde predomine a sinceridade, a verdade, a justiça e todos aqueles valores que geram na humanidade dignidade e vida.

Comprometer-nos com uma solidariedade transformadora significa:
·         Estar presentes para transformar, aos poucos, a realidade para o melhor. A nossa sensibilidade se transforma de facto com a presença, estando em contacto com as pessoas, os que sofrem, os que vivem excluídos e empobrecidos.
·         Estar ao serviço. O serviço ao outro é o contrário do protagonismo, não é uma questão de generosidade mas de oportunidade. Estando presente na realidade, apercebo-me daquilo que acontece e me disponibilizo, me ponho ao serviço para abrir oportunidades que favoreçam que a pessoa supere a situação que a faz sofrer ou a sua pobreza.
·         Ser sinal que interpela, que testemunha justiça social e mostra caminhos de amor, esperança e irmandade que transformam o mundo.


A solidariedade não é um simples sentir superficial pelos sofrimentos das pessoas. Pelo contrário, a solidariedade é uma determinação firme e perseverante; é o empenho pessoal para o bem comum, isso é: para o bem de todos e de cada um, para que todos sejamos verdadeiramente responsáveis de tudo.    

Daniela Gioè

Esperienza a Pemba di Daniela Gioé "L'esperienza a Pemba è stata unica e indelebile nella mente e nel cuore. Risale a luglio de...